
Forse avremmo dovuto chiamare il nostro pianeta Acqua invece di Terra, visto che gli oceani coprono circa il 70% della superficie (e i ghiacci un altro 10%). Tutti noi dipendiamo enormemente da questa colossale massa d’acqua. Nel 2019 l’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) ha prodotto un rapporto sull’oceano e la criosfera nel quadro del cambiamento climatico raccogliendo risultati da ricerche scientifiche di tutto il mondo. Gli oceani ci nutrono e dissetano tutti, mitigano il clima e sono parte di molteplici ecosistemi a cui siamo strettamente interconnessi: quasi una persona su dieci nel mondo, infatti, vive in ambienti costieri.
Negli ultimi 30 anni le masse oceaniche hanno raddoppiato il loro assorbimento di calore dall’aria sovrastante, scaldandosi di oltre 0,6 °C rispetto agli inizi del 1900. Scaldandosi, le acque superficiali sono diventate meno dense e, complice lo scioglimento dei ghiacciai, meno saline e di conseguenza più leggere, rendendo più difficile il loro sprofondamento e quindi inibendo il mescolamento con le acque profonde.
Perché è importante? Perché le acque superficiali tendono ad assorbire non solo calore, ma anche CO2 atmosferica. Se quanto assorbito non può essere condiviso con il resto dell’oceano, ma resta tutto entro i primi 200 metri, prima o poi il solvente arriverà a saturazione, e avremo perso un “pozzo” (carbon sink) che, ora, cattura più del 30% della CO2 da noi emessa. Questo mix di acque più calde e più acide a causa dell’anidride carbonica in più disciolta, inoltre, ha già avuto sensibili effetti sulle riserve ittiche, cruciali per l’economia di molti Paesi e per il sostentamento di molte persone.
Come già scriveva Macchiavelli, è nei tempi quieti che l’uomo può porre i suoi argini, in modo che all’arrivo dei “fiumi rovinosi che quando si adirano allagano i piani”, egli possa limitare i danni. E in questo senso, è qui che giace la nostra fortuna. Nel nostro Paese, il 37% della popolazione vive entro 5 km dal mare. Con alti livelli di innalzamento dei mari, il numero di persone che vivono in aree a rischio di inondazioni potrebbe decuplicare. Le sfide per il nostro futuro, conclude l’IPCC, sono quindi due: far sì che i cambiamenti che ci aspettano siano il meno drastici possibile (mitigare) e prepararsi ad essi nel modo più efficace possibile (adattarsi). E per entrambe, serve a tutti noi una grande dose di lungimiranza.






Pakistan, Afghanistan, Kazakhstan… Sono almeno 7 i paesi asiatici il cui nome finisce per stan. Ed è qualcosa che abbiamo in comune con loro…
La località con il nome più corto. Si chiama Å (“fiume”, nelle lingue scandinave) e si trova sia in Norvegia, sia in Svezia. I cartelli stradali che le indicano devono essere spesso rimpiazzati, perché spesso i turisti tentano di rubarli (per la loro rarità). Per il più lungo, ci sono diverse candidate, ma tra le prime troviamo Llanfairpwllgwyngyllgogerychwyrndrobwllllantysiliogogogoch, in Galles: il nome del comune, che vanta ben 58 lettere, è traducibile come “Chiesa di Santa Maria nella valletta del nocciolo bianco, vicino alle rapide e alla chiesa di San Tysilio nei pressi della caverna rossa”.
Se volete capire il presente studiate la geografia Trascurata a scuola. Insediata dal web. Eppure sempre più importante. Per arginare i nazionalismi e compredere l’oggi.
Tre stati sono completamente circondati da un’altra nazione. Ossia del tutto “imprigionati”, senza sbocchi sul mare, da un altro Paese (tecnicamente definiti come “enclavi”). Due si trovano nello Stivale: San Marino (nella foto) e Città del Vaticano. L’altro è il Regno del Lesotho, un’enclave nella Repubblica Sudafricana.
La Cina è circondata da 14 paesi. Se la Russia detiene il primato di stato più esteso al mondo, è la Cina quella con più paesi confinanti: sono India, Pakistan, Afghanistan, Tagikistan, Kirghizistan, Kazakistan, Mongolia, Russia, Corea del Nord, Vietnam, Laos, Myanmar, Bhutan e Nepal.